I dieci politici gay:
quando una lista
diventa rappresaglia

Bologna, 23 settembre 2011

(avv. Antonello Tomanelli)

L’avevano minacciato e l’hanno fatto. Alle ore 10 di questa mattina un gruppo di internauti, prima ispirati poi disconosciuti da Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, ha pubblicato su un sito internet una lista di dieci nomi di politici italiani distintisi per le loro posizioni omofobe, ma segretamente omosessuali. C’è di che stupirsi, perché sette su dieci sono arcinoti e, almeno per i più, assolutamente “insospettabili”.

Un’iniziativa ampiamente preannunciata ma da molti stigmatizzata, a partire dal presidente di Arcigay Paolo Patanè. Probabilmente il Garante della Privacy si sta già muovendo. La condizione omosessuale di un individuo costituisce il più classico dei dati sensibili, quindi strettamente tutelati dalla legge sulla privacy. Ma hanno ragione questi ragazzi, che sostanzialmente vogliono vendicarsi di quei politici, tutti rigorosamente di centrodestra, che mesi fa contribuirono ad affossare la legge sull’omofobia?

Iniziamo con una premessa. Questi internauti dovranno dimostrare che l’informazione sulla omosessualità di questi personaggi di primo piano è vera. La verità della notizia è, in generale, il caposaldo del diritto di cronaca. Di per sé l’essere additato pubblicamente come omosessuale non costituisce diffamazione, perché in un paese moderno l’omosessualità non deve essere considerata riprovevole, ma solo una scelta. Sarebbe l’accostamento dell’omosessualità al voto contro la legge sull’omofobia a fare di questi personaggi l’emblema dell’ipocrisia e a privarli di ogni credibilità. Quindi, in mancanza di prova della verità della condizione di omosessuale, scatterebbe senza dubbio il reato di diffamazione.

Ammesso, quindi, che la notizia sia vera, la soluzione della questione va affrontata attraverso l’analisi di un’unica disposizione: l’art. 11 del “Codice di Deontologia relativo al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica”, che è parte integrante della legge sulla privacy (quindi ha valore di legge). Intitolato “Tutela della sfera sessuale della persona”, recita: “Il giornalista si astiene dalla descrizione di abitudini sessuali riferite ad una determinata persona, identificata o identificabile” (primo comma). “La pubblicazione è ammessa nell’ambito del perseguimento dell’essenzialità dell’informazione e sempre nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica” (secondo comma).

La ratio della disposizione è la seguente. Non è mai lecito descrivere pubblicamente le tendenze sessuali del classico soggetto anonimo. Può esserlo se si tratta di un personaggio pubblico. Come nel caso di specie.

In linea di principio qui l’interesse pubblico sussiste. Non certo per il fatto in sé che tali soggetti sono personaggi pubblici, ma per il fatto che assumendo pubblicamente posizioni omofobe hanno creato uno specifico rapporto con quella parte della collettività che condivide le loro posizioni. Parte della collettività che, di conseguenza, ha il diritto di essere informata di ogni circostanza che possa obiettivamente incidere su tale rapporto modificandolo. Il parlamentare che sta lottando per la punizione dei clienti delle prostitute non può invocare la privacy se viene pescato mentre fa sesso a pagamento. In altre parole, siamo davanti a quel “perseguimento dell’essenzialità dell’informazione” che l’art. 11 del codice di deontologia esige perché sia lecita la pubblicazione di un dato sensibile per antonomasia quale l’identità sessuale.

Ma tutto questo non basta. Un conto è l’outing coattivo effettuato da un mezzo di informazione (che può essere anche un semplice sito internet) a seguito di una infuocata dichiarazione omofoba emessa da un noto parlamentare, che si scopre essere omosessuale per un accidentale accadimento, durante l’iter di approvazione di una legge seguito passo dopo passo dai media. Un altro conto è organizzare uno squallido “countdown” sulla pubblicazione di una lista di politici omosessuali decontestualizzata da un attuale interesse pubblico, in quanto affievolito dalla temporanea mancanza di discussioni e confronti sul tema, sulla base di informazioni strettamente personali attinte chissà come, chissà dove, chissà quando, e non confluenti in uno specifico e ben definito fatto esteriore.

Inoltre, la circostanza che la presunta omosessualità di quei politici di primo piano sia stata divulgata attraverso una scarna lista non fa che aggravare la situazione. Il semplice scandire un nome con accanto l’etichetta di omosessuale esula da ogni diritto di cronaca e di critica, perché qui è inconcepibile una cronaca o una critica, mancando quella sia pur minima “manifestazione di pensiero” che l’art. 21 Cost. tutela. Forse sarebbe stato accettabile un lungo articolo in cui ad ogni politico omosessuale viene dedicato un capoverso, in cui si riportano frasi rappresentative della posizione omofoba pubblicamente assunta, seguito dalla descrizione di fatti (veri) che inequivocabilmente provano la sua omosessualità. La formazione di una scarna lista, oltre a non poter costituire una “manifestazione di pensiero”, ha il sapore della rappresaglia.

Siamo quindi di fronte ad un’eclatante illecita diffusione di dati sensibili.