Luttazzi epurato
da La7
per aver inventato
il paradosso di Berlusconi

9 dicembre 2007

(avv. Antonello Tomanelli)

Daniele Luttazzi subisce un’altra stangata. Questa volta da La7, l’unica televisione ad averlo scritturato dopo il cosiddetto “editto bulgaro”. Nel corso della puntata di Decameron di sabato 1° dicembre, una ipotetica intervistatrice gli chiede come “sopportare” che “dopo quattro anni di guerra in Irak, 3.900 soldati americani uccisi, 85.000 civili irakeni ammazzati e tutti gli italiani morti sul campo anche per colpa di Berlusconi, Berlusconi ha avuto il coraggio di dire che lui in fondo era contrario alla guerra in Irak”.

Luttazzi suggerisce il suo rimedio: “Pensa a Giuliano Ferrara dentro a una vasca da bagno, con Berlusconi e Dell’Utri che gli pisciano addosso, Previti che gli caga in bocca, e la Santanche’ in completo sadomaso che li frusta. Va già meglio, no?”.

Nessuna reazione. La puntata viene addirittura replicata la sera di giovedì 6 dicembre. Poi, improvvisamente, la mattina dell’8 dicembre la direzione di La7 diffonde un comunicato che annuncia la sospensione del programma. Motivazione: “Daniele Luttazzi ha gravemente insultato e offeso Giuliano Ferrara, che con la stessa La7 collabora da anni come coconduttore di 8 e mezzo”, facendo uso di espressioni “palesemente in contrasto con la satira”. Il tutto premettendo candidamente che “con Daniele Luttazzi è stato stipulato un contratto che garantiva la sua più totale libertà creativa”, ma di cui “era necessario fare un uso responsabile”.

La battuta di Luttazzi è triviale, è vero. Ma è “in contrasto con la satira”, come recita un po’ maldestramente il comunicato? In altre parole: è diffamazione quella di Luttazzi?

La volgarità di cui è impregnata la battuta di Luttazzi non deve sviare. Le battute satiriche di un artista di talento hanno sempre un significato, ossia un collegamento con la realtà. Il problema della legittimità della satira sta tutto nell’individuare quel collegamento. E la giurisprudenza consolidatasi negli ultimi decenni ha fornito la soluzione. Consapevole che la satira si basa principalmente sul paradosso, sulla esagerazione, nonché sulla dissacrazione del soggetto preso di mira, ha concluso che la satira non può sottostare ai tradizionali requisiti della verità e della continenza formale adoperati per valutare la legittimità della cronaca e della critica. E ha adottato come parametro di valutazione il nesso di coerenza causale tra qualità della dimensione pubblica del personaggio colpito e contenuto del messaggio satirico (per un approfondimento si veda il diritto di satira). In parole povere: è legittima la satira che ha un significato. E’ invece illegittima quando è incoerente e si sostanzia in un gratuito insulto.

Ora, la battuta di Luttazzi riunisce quattro personaggi di indubbio rilievo pubblico: Berlusconi, Dell’Utri, Previti, Ferrara (la Santanche’, in realtà, è piuttosto defilata nel messaggio satirico). I primi tre personaggi sono legati da una antica amicizia, che li ha visti sempre solidali tra loro, anche nelle note vicende giudiziarie. Il quarto personaggio, Giuliano Ferrara, si sa essere molto legato a Berlusconi. E’ stato suo ministro nel ‘94. Dirige un giornale edito per la maggior quota dalla moglie del Cavaliere. Ha criticato ogni iniziativa giudiziaria mossa nei confronti dei tre, polemizzando aspramente con le cosiddette “toghe rosse”. E, soprattutto, da convinto sostenitore della guerra in Irak ha sempre incoraggiato e poi difeso la scelta del governo Berlusconi di inviarvi le truppe italiane.

Ed è proprio su quest’ultimo punto che si innesta il “nesso di coerenza causale”, che trova l’altro capo nell’atteggiamento di Silvio Berlusconi quando sostiene di essere stato sempre contrario alla guerra in Irak, nonostante l’invio (e soprattutto la morte) dei soldati italiani a Nassyria. La palese inverosimiglianza dell’affermazione di Berlusconi viene da Luttazzi efficacemente riprodotta nella vasca da bagno, dove si materializza il più inimmaginabile degli eventi: Berlusconi, Previti e Dell’Utri che pongono in essere il più turpe dei comportamenti proprio ai danni di chi ha loro garantito un solido appoggio nelle note vicende politiche e giudiziarie, ivi compresi l'appoggio incondizionato alla politica di Bush e l'invio del contingente italiano in Irak.

E’ quello che può definirsi il paradosso di Berlusconi, spiegato alla maniera satirica di Luttazzi: credere a quanto affermato da Berlusconi a proposito della sua posizione sulla guerra in Irak è come credere alla scena della vasca da bagno. Tra l’altro, nell’orgia luttazziana non può sfuggire il riferimento alle torture nel carcere di Abu Ghraib, denunciate nell’aprile 2004 proprio durante il governo Berlusconi, i cui autori si accanivano sui prigionieri irakeni proprio accatastando i loro corpi e costringendoli a mimare l’atto sessuale.

C’è dunque quel nesso di coerenza causale che la giurisprudenza esige nella satira. Anche se – questo va detto – la volgarità della scena ne rende complessa l’individuazione. Volgarità che può porre problemi di ordine morale, ma che non deve in alcun modo condizionare il giudizio di legittimità. Nel nostro ordinamento vige il principio della libertà dell’arte, sancito dall’art. 33 Cost. Per cui, anche se un’opera può da alcuni essere giudicata brutta, non per questo va considerata illecita, quando rientra nel concetto di arte. E, nel caso della satira, secondo la giurisprudenza è proprio la sussistenza del nesso di coerenza causale (tra dimensione pubblica del personaggio preso di mira e contenuto del messaggio satirico) a conferirle dignità di arte.

L’attenzione va ora concentrata sul comportamento di La7, che ha deciso di sospendere il programma.

Anche se la direzione avesse in buona fede ritenuto la battuta di Luttazzi diffamatoria nei riguardi di Giuliano Ferrara, non avrebbe mai potuto sopprimere il programma. A maggior ragione se – come candidamente ammesso dalla stessa direzione – il contratto garantisce a Luttazzi “la più totale libertà creativa”. Francamente, non si riesce a capire su quale norma dell’ordinamento la direzione possa aver basato la sua decisione. Pertanto, il comportamento dell’emittente ha dato luogo ad un inequivoco inadempimento contrattuale, che potrebbe legittimare Luttazzi a chiedere un risarcimento danni nelle sedi competenti.

Ma vi è il sospetto che il comportamento dell’emittente sia stato dettato da ragioni diverse da quelle comunicate. Ragioni rinvenibili in pressioni esercitate da ambienti politici, preoccupati di quanto Luttazzi dice nel suo programma senza fare sconti a nessuno. In altre parole, Luttazzi sarebbe stato vittima di una censura. Un’esperienza non nuova per l’autore (sul punto si veda la censura a Daniele Luttazzi). Con le ulteriori conseguenze di ordine risarcitorio che deriverebbero da un comportamento limitativo di una libertà costituzionalmente garantita, quale quella dell'arte.

Perché si possa parlare di censura (non solo, quindi, di semplice inadempimento contrattuale) è necessario che le pressioni esercitate sull’emittente provengano da qualcuno che incarna un potere pubblico. Ciò è sempre molto difficile da dimostrare. Per questo ci si può basare, da un lato, su “elementi presuntivi”; dall’altro, sulla pretestuosità della motivazione addotta. La problematica è ampiamente spiegata in la censura.

Per quanto riguarda gli elementi presuntivi, qui il dato più eclatante è che Decameron (in onda il sabato ma replicato il giovedì) garantiva a La7 ascolti fino a 10 volte quelli mediamente registrati dalla stessa emittente. Con tutti i benefici economici (primo fra tutti: la raccolta pubblicitaria) che un tale share garantiva. E’ il comportamento masochistico dell’emittente, la classica zappa sui piedi, che fa pensare ad una imposizione “dall’alto”. Quale emittente andrebbe contro i propri vitali interessi, se non per soddisfarne obtorto collo altri? Pare, poi, che la prossima puntata di Decameron avesse come bersaglio privilegiato il Papa e le ingerenze della Chiesa Cattolica nella vita civile. E la decisione di cancellare il programma arriva proprio quando il Governo manifesta grosse difficoltà nel tradurre in legge la punizione dell’omofobia, a causa della netta contrarietà espressa dagli ambienti cattolici.

Vi è anche, senza dubbio, la pretestuosità della motivazione. Per non violare dichiaratamente la Costituzione, chi censura deve mentire. Dovendo nascondere i veri motivi che hanno occasionato la censura, è costretto ad enunciarne altri, che però si rivelano pretestuosi in quanto contraddittori. Innanzitutto, non si può sospendere il programma per tutelare la reputazione di Giuliano Ferrara, quando questi deve (ed è perfettamente in grado di) farlo da solo nelle sedi competenti. Poi, perché prendere la decisione sette giorni dopo la messa in onda della trasmissione e addirittura dopo averne consentito la replica? Viene così da pensare che qualcosa sia accaduto dopo la messa in onda della replica, altrimenti non si riuscirebbe a spiegare per quale motivo lo sdegno per l’offesa a Giuliano Ferrara si sia manifestato non solo a scoppio ritardato, ma addirittura dopo averne consentito la reiterazione. Come può essere logicamente credibile che l’emittente blocchi il programma per riparare l’offesa al conduttore di Otto e Mezzo, dopo che non ha provveduto a cancellare dalla replica i pochi secondi in cui Luttazzi lo ritrae nella vasca da bagno?