La satira de L'Unità
sul ministro Brunetta.
E Gasparri non capisce

Bologna, 1° ottobre 2008

(avv. Antonello Tomanelli)

Non è la prima volta che Maurizio Gasparri, capogruppo dei senatori Pdl, non capisce la satira. E’ uno dei suoi punti deboli. E si ripete attaccando "L’Unità", che a pag. 5 dell’inserto satirico “Emme” di lunedi 29 settembre pubblica una vignetta a firma Mauro Biani. La vignetta raffigura un giovane in mobilità, con spiccato accento romanesco, che impugnando la pistola avuta in dotazione quando lavorava 14 ore al giorno come guardia giurata, si reca al ministero a trovare Brunetta. Lo trova in compagnia di alcuni dipendenti ministeriali. E’ lì per "ringraziare" il ministro per la sua guerra ai fannulloni, ma manifesta l’intenzione di "ringraziare" anche quelli che a suo dire sono “l’impiegati modello der 2008”.

Gasparri dichiara che “la satira è sacrosanta”. Ma denuncia “la pericolosa ambiguità della vignetta”, che “fa intendere che a Brunetta si può anche sparare”. Un’ironia, a detta del senatore, inaccettabile “in un paese in cui violenza e terrorismo hanno una drammatica storia e forse radici non completamente recise”.

Certamente non lo sa, ma Gasparri rivendica l’applicazione dell’art. 15 L. n. 47/1948 (“legge sulla stampa”), il quale punisce quelle pubblicazioni che “descrivano o illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o anche soltanto immaginari, in modo da poter turbare il comune sentimento della morale o l’ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti”. In sostanza, secondo Gasparri quella vignetta inciterebbe all’omicidio del ministro Brunetta.

Al di là delle opportune considerazioni che andrebbero fatte riguardo all’anacronismo che in parte avvolge quella norma, un dato appare incontestabile. Non è possibile rinvenire nella vignetta “particolari impressionanti o raccapriccianti”, elemento indispensabile perché quella norma possa considerarsi applicabile. Inoltre, è davvero bizzarro pensare che quella vignetta potrebbe, come invece richiede la norma, produrre effetti emulatori, tanto cioè da porre realmente in pericolo la vita del ministro Brunetta. E’ un evento che non è seriamente ipotizzabile, insomma.

Per il resto, la vignetta è chiaramente riconducbile al diritto di satira. In essa, infatti, è agevole rinvenire l’elemento che da più di trent’anni una consolidata giurisprudenza adotta come parametro di valutazione della legittimità della satira: il nesso di coerenza causale tra la qualità della dimensione pubblica del personaggio preso di mira e il contenuto del messaggio satirico. Un nesso che lo stesso Sergio Staino, direttore dell’inserto satirico, contribuisce a cogliere: la vignetta esprime “il disagio, l’indignazione e il vaneggiamento folle e non certo condivisibile che può provocare una strabordante polemica contro supposti fannulloni, in un paese come il nostro in cui invece sta crescendo la disoccupazione”. In altre parole, la vignetta ha un significato. Caratteristica che rende sempre lecita la satira.

Tra l’altro, ciò che con ogni probabilità è sfuggito a Gasparri è l’essere quella vignetta una evidente citazione, che la colloca inequivocabilmente nell’ambito di operatività dell’art. 33 Cost., norma che sancisce il principio della libertà dell’arte. Non c’è dubbio, infatti, che la posa assunta dall’ex guardia giurata evoca l’immagine di Travis Bickle, l’alienato tassista newyorkese di Taxi Driver, magistralmente interpretato dal giovane Robert De Niro, mentre, pistola alla mano, si esercita allo specchio in deliranti dialoghi con future vittime. Travis, sprofondato in una terribile depressione, alla fine dà folle sfogo alla sua rabbia incontrollabile massacrando alcuni papponi, dopo aver tentato di uccidere addirittura il candidato alla presidenza degli Stati Uniti.