Scivolone di Santoro:
negato a Rds
il diritto di satira

Bologna, 12 novembre 2008

(avv. Antonello Tomanelli)

Non sappiamo se “censura” sia il termine più appropriato per definire il comportamento tenuto da Michele Santoro sulla questione Rds. Ma appare probabile che il conduttore di Annozero non abbia ben letto la lettera che il suo avvocato ha inviato all’emittente, nella quale si intima “di cessare, con decorrenza immediata, dall’illecito comportamento”. Un’intimazione che mal si concilia con la premessa, scritta dalla redazione e che precede il testo di quella lettera, dove si dice che il conduttore “senza alcun dubbio […] non ha chiesto alcuna censura né tantomeno ha diffidato l’emittente di mettere in onda i suoi cosiddetti scherzi”.

La diatriba è ormai nota. Nel corso di un programma di Radio Dimensione Suono, vengono mandati in onda i sonori delle telefonate che Giò Violanti, imitando alla perfezione Santoro, fa a personaggi pubblici di primo piano (prevalentemente politici) invitandoli ad Annozero. Ogni conversazione dura qualche minuto. Il tempo sufficiente per intrattenere gradevolmente i radioascoltatori, che ovviamente sanno trattarsi di un’imitazione. Ma non se ne rendono conto i personaggi contattati, i quali credono di colloquiare con il vero Santoro fino a quando Violanti non si qualifica svelando lo scherzo.

Nella sua diffida il legale di Santoro imputa all’emittente Rds “l’abusivo utilizzo della sua identità”, che produce “una inammissibile falsata percezione dell’identità dello stesso, del suo lavoro e di quello dei suoi collaboratori […] che determina danno e pregiudizio ai diritti dell’identità e della personalità” di Santoro. La lettera non brilla per chiarezza concettuale. Ma è certo che vuole escludere la riconducibilità del comportamento di Giò Violanti al diritto di satira. E sulla base non di una pretesa diffamazione, come quasi sempre accade nella satira, ma della violazione del diritto all’identità personale.

Il diritto all’identità personale, creazione della giurisprudenza, è il diritto a non vedersi pubblicamente rappresentati in maniera distorta. E’ il caso dell’ateo che in un articolo di giornale si vede affibiare una credenza religiosa; o di chi viene falsamente indicato come seguace di una ideologia. Qui non vi è lesione della reputazione, come nella diffamazione, ma soltanto il non rispetto del diritto di essere descritti come si è. Non è un reato, ma un illecito civile, che può obbligare al risarcimento del danno.

Ora, va rilevato che segno distintivo della satira è proprio l’operare una distorsione dei fatti e della personalità di un individuo. Ben consapevole che nella satira non ha senso parlare di verità, la giurisprudenza ha coniato un eccellente parametro di valutazione della sua legittimità: il nesso di coerenza causale tra la qualità della dimensione pubblica del soggetto preso di mira e il contenuto del messaggio satirico. E’ chiaro, quindi, che basandosi la satira sui fenomeni della enfatizzazione dei difetti del personaggio preso di mira e, in generale, sulla sua dissacrazione, nessuna rappresentazione satirica potrebbe rispettare l’identità personale, a cominciare, ad esempio, dalla evidente alterazione che i tratti somatici del personaggio preso di mira subiscono attraverso l’uso della maschera scenica.

Ma nel caso della trasmissione radiofonica di Rds, appare chiaro il fisiologico intento di Giò Violanti di aderire quanto più possibile al dato reale. Nel corso di quelle telefonate, l’imitatore riprodurre fedelmente non soltanto la voce e l’inflessione di Santoro, ma anche l'ironia e la professionalità, visto che chi viene contattato crede sempre di interloquire con Santoro. Di conseguenza, non vi è nemmeno bisogno di invocare quel nesso di coerenza causale, ideato dalla giurisprudenza, che nella satira giustifica sempre la discrepanza tra dato reale e dato comunicato. In altre parole, Violanti, spacciandosi con successo per Santoro, dà vita ad una satira a bassa lesività, non producendo alcuna distorsione del dato reale.

Che poi, ad avviso di Santoro, la performance di Giò Violanti non andrebbe ricondotta al genere della satira, non può condividersi. La rappresentazione satirica si rivolge sempre ad un pubblico, attraverso lo scritto, il sonoro, il video. E qui la relazione è tra Giò Violanti e i radioascoltatori che simultaneamente lo seguono, i quali si godono l’innegabile bravura dell’imitatore.

Al limite, gli unici che potrebbero avere qualcosa da recriminare sono coloro che vengono contattati, i quali non possono porsi sullo stesso piano del radioascoltatore. Per essi rileva soltanto la questione della privacy, intesa nel senso di riservatezza. Se i personaggi pubblici contattati venissero da Giò Violante indotti a comunicare informazioni private, la cui diffusione cioè non soddisfasse alcun interesse pubblico, allora si tratterebbe di una satira illecita. Per intenderci, in tal caso si realizzerebbe una situazione non dissimile da quelle che fanno da sfondo alla trasmissione “Scherzi a parte”, dove attorno a personaggi pubblici vengono create situazioni bizzarre ma senza dubbio private, e la cui divulgazione necessita della cosiddetta liberatoria. Ma Giò Violanti rimarrà nei binari della legalità, senza necessità di alcuna liberatoria, fino a quando il tema delle telefonate ai personaggi contattati si limiterà a vertere su modalità e termini della loro partecipazione ad Annozero.