Sospeso Vauro:
dalla Rai arriva
la censura sciacalla

Bologna, 15 aprile 2009

(avv. Antonello Tomanelli)

Che si stesse preparando qualcosa contro Vauro Senesi l’avevano capito anche i sassi. Ma che la decisione del direttore generale della Rai Mauro Masi di sospendere il geniale vignettista sia stata motivata con l’essere la nota vignetta sulle baregravemente lesiva dei sentimenti di pietà dei defunti e in contrasto con i doveri e la missione del servizio pubblico”, più che perplessi lascia interdetti.

La motivazione, infatti, tenta maldestramente, ma anche vigliaccamente, di attribuire a quella vignetta un messaggio che non gli appartiene, riconducendo a Vauro la volontà di offendere la comunità abruzzese colpita dal terremoto. In realtà, il messaggio che Vauro ha voluto veicolare è chiaro: far riflettere il telespettatore sugli effetti nefasti che l’entrata in vigore del nuovo piano casa ideato dal governo Berlusconi potrebbe avere qualora si riproducesse la tragedia abruzzese. L’aumento della cubatura di immobili mal costruiti, o abusivi, addirittura inesistenti per il catasto, porterebbe certamente ad un aumento dei morti in caso di terremoto, quindi al necessario (ecco il messaggio satirico) aumento della cubatura dei cimiteri.

Una vignetta di una coerenza causale straordinaria. Con quella vignetta Vauro ha leso non il sentimento di pietà dei defunti, ma gli interessi del governo Berlusconi, e nel contempo ha voluto tutelare gli interessi dei sopravvissuti.

Di fronte all’unico, reale messaggio satirico contenuto in quella vignetta, la decisione del direttore generale della Rai di non far mettere più piede a Vauro negli studi di Annozero non può che ritenersi gravemente illegittima. Una decisione che priva Vauro della libertà dell’arte, garantita dall’art. 33 Cost., specificamente nella sua espressione satirica. Tra l’altro, su questo punto è bene fare una precisazione.

La vignetta di Vauro non fa ridere, è vero. Ma solo perché non voleva far ridere. La satira non deve necessariamente suscitare ilarità. Può far ridere, ma può anche commuovere, rattristare, amareggiare, o semplicemente far riflettere, grazie all’estro dell’artista. Proprio come fa la rappresentazione filmica attraverso i suoi vari generi (comico, drammatico, sentimentale, etc.). La differenza è nella durata della manifestazione artistica: nella vignetta è istantanea. Ma non per questo la vignetta satirica non va ricondotta sotto l’ombrello protettivo dell’art. 33 Cost., che sancisce la libertà dell'arte.

Un grave atto di censura, dunque, quello del direttore generale della Rai, essendo volto a bloccare la libertà di manifestazione artistica. Una censura, tra l’altro, che si serve pretestuosamente di argomenti toccanti, quale quello della solidarietà con le vittime del terremoto, ma fuorvianti, perché costruisce attorno alla vignetta di Vauro un falso messaggio. Sotto questo aspetto, si può dire che siamo di fronte ad un caso di censura sciacalla.

Tra l’altro, si noti un particolare. La motivazione adottata da viale Mazzini per colpire Vauro (vignetta “gravemente lesiva dei sentimenti di pietà dei defunti”) parafrasa il nome del Capo II del Titolo IV del codice penale (“Dei delitti contro la pietà dei defunti”). E’ un insieme di norme (artt. 407 413) che prevede e punisce reati come la violazione di sepolcro, il vilipendio di tombe, il turbamento di funerale, il vilipendio di cadavere, la distruzione o soppressione o sottrazione di cadavere, l’occultamento di cadavere, l’uso illegittimo di cadavere. In sostanza, e nemmeno implicitamente, l’espressione artistica di Vauro è stata accostata a tali fattispecie di reato, senza che possa esistere alcun punto di contatto con esse, come anche uno stolto capirebbe.

Pertanto, non sarebbe azzardato chiedersi se una simile motivazione, adottata con la consapevolezza che sarebbe stata inevitabilmente diffusa al pubblico, non possa realizzare gli estremi della diffamazione. Accusare pubblicamente qualcuno di aver manifestato, all’indomani di una immane tragedia quale quella abruzzese, quantomeno insensibilità e non curanza per la morte di centinaia di persone, certamente lede la sua reputazione. Soprattutto se si considera che la motivazione adottata si basa su un evidente stravolgimento del messaggio satirico che, attraverso quella vignetta, Vauro ha voluto veicolare.