Registrazione delle testate:
i poteri dei
presidenti di tribunale

2 marzo 2008

(avv. Antonello Tomanelli)

Rompendo con l’ordinamento fascista, che riconosceva ai Prefetti un potere di controllo permanente e pressoché assoluto sulla stampa, la legge 8 febbraio 1948 n. 47 ha raccordato l’informazione ai principi democratici. Qualche settimana prima era entrata in vigore la Costituzione Repubblicana, con l’art. 21 che sancisce la libertà di pensiero. E, soprattutto, con il comma 2° dell’art. 21, che perentoriamente afferma: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

E la L. n. 47/1948 si è adeguata. In che modo? Limitandosi a prescrivere all’art. 2 che “Ogni stampato deve indicare il luogo e l’anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell’editore”. In caso contrario, scatta il reato di stampa clandestina.

Quando però si tratta di un “giornale” o di un “periodico”, è prescritta la registrazione della testata presso la cancelleria del tribunale del luogo di pubblicazione. La registrazione si limita alla identificazione di due soggetti: il proprietario della pubblicazione, che deve soltanto possedere i requisiti “per l’iscrizione nelle liste elettorali politiche” (art. 4); e il direttore responsabile, (art. 3), che dopo la sentenza n. 98/1968 della Corte Costituzionale può essere anche un soggetto iscritto nell’elenco dei pubblicisti.

La procedura è semplice ed è dettata all’art. 5, comma 2°. All’atto della richiesta di registrazione va depositata in cancelleria una dichiarazione con le firme autenticate del proprietario e del direttore responsabile, con indicazione del loro domicilio, il titolo e la natura della pubblicazione; nonché la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui agli artt. 3 e 4. Se il proprietario è una persona giuridica (ente, associazione, società, etc.) va allegata la copia dell’atto costitutivo o dello statuto. Null’altro.

L’art. 5, comma 3°, stabilisce che “Il presidente del Tribunale o un giudice da lui delegato, verificata la regolarità dei documenti presentati, ordina, entro quindici giorni, l’iscrizione del giornale o periodico in apposito registro tenuto dalla cancelleria”. E’ la disposizione chiave, che chiarisce la natura del controllo esercitabile dal presidente del Tribunale. E’ un controllo squisitamente formale, diretto cioè a verificare la mera regolarità della documentazione presentata e, nel contempo, la sussistenza dei requisiti richiesti dagli artt. 3 (iscrizione all’albo del direttore responsabile) e 4 (iscrizione del proprietario nelle liste elettorali). Una volta riscontrata tale regolarità, il presidente del Tribunale deve disporre la registrazione della testata.

Vale la pena chiarire la portata di questa norma in quanto sono giunte segnalazioni su atteggiamenti, da parte di alcuni presidenti di Tribunale, di rifiutare la registrazione adducendo motivazioni che non hanno niente a che vedere con quando impone l’art. 5 L. n. 47/1948. Anche se si tratta di casi molto rari, vanno comunque citati. E’ accaduto, ad esempio, che venisse rifiutata la registrazione perché lo statuto dell’ente non prevedeva espressamente la possibilità di editare periodici, o perché l’ente non disponeva di un patrimonio sufficiente per poter garantire il risarcimento dei danni eventualmente cagionati con le pubblicazioni. Addirittura in un caso si è subordinata la registrazione alla concessione di fideiussione bancaria!

Nulla di tutto ciò è richiesto dall’art. 5 L. n. 47/1948, che obbliga il presidente a disporre la registrazione una volta riscontrata “la regolarità dei documenti presentati”. La natura esclusivamente formale del controllo del presidente del Tribunale è la naturale conseguenza di un sistema consapevole che qualsiasi controllo ulteriore rispetto a quanto stabilito dall’art. 5, potrebbe avere finalità di autorizzazione o di censura. Proprio quel risultato che è lo stesso art. 21 Cost. a vietare espressamente, laddove dice che “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Nessuna indagine che non sia finalizzata a verificare la sussistenza dei soli requisiti richiesti dagli artt. 3 e 4 L. n. 47/1948 può dunque effettuare il tribunale in sede di registrazione di una testata.

Quanto finora detto vale anche per le pubblicazioni on line. L’art. 1, comma 1°, legge 7 marzo 2001 n. 62 ha infatti introdotto il concetto di “prodotto editoriale”, riferendolo a qualsiasi “prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici”.

Il comma 3° stabilisce che “al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 8 febbraio 1948 n. 47”. Ma se il prodotto viene “diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto”, allora scattano gli obblighi di cui all’art. 5 L. n. 47/1948: nomina di un direttore responsabile e registrazione presso il Tribunale, come se si trattasse di un prodotto cartaceo. Con tutte le conseguenze di cui si è prima detto a proposito della natura squisitamente formale del controllo del presidente del Tribunale.

La legge tace circa il rimedio da esperire qualora il presidente del Tribunale neghi la registrazione. La Corte Costituzionale ha più volte affermato che il controllo esercitato dal tribunale in sede di registrazione non ha natura giurisdizionale, escludendo così la possibilità del ricorso in Cassazione. Va anche esclusa la possibilità del “ricorso gerarchico” al ministro di Grazia e Giustizia, come peraltro da alcuni ipotizzato, vista l’indiscutibile autonomia dell’ordine giudiziario dal potere esecutivo. Così come il ricorso al Tar, non essendo il presidente del Tribunale un organo della pubblica amministrazione, anche se il controllo finalizzato alla registrazione si avvicina molto ad un’attività amministrativa. L’unico rimedio logicamente esperibile è quello del reclamo alla Corte d’Appello nel cui distretto si trova il tribunale che ha negato la registrazione.