Armani firma numero di Grazia:
sospesa per due mesi
l'ex direttrice

26 febbraio 2008

(avv. Antonello Tomanelli)

Giorgio Armani trascorre un’intera giornata a Palazzo Mondadori in Segrate, gomito a gomito con Carla Vanni (all'epoca direttrice di “Grazia”) e tutta la redazione del settimanale. Lo stilista discute gli argomenti delle sezioni, la sequenza dei servizi, la scelta delle immagini e delle interviste. Per un giorno è condirettore della rivista. L’idea esce su carta il 25 ottobre 2005. La copertina ospita la fotografia di un sorridente Giorgio Armani insieme alla modella Eva Herzigova. In evidenza la scritta “Speciale – Questo numero è firmato Giorgio Armani”.

Le pagine 3, 4 e 5 descrivono l’iniziativa e ritraggono lo stilista al lavoro insieme alla redazione. All’interno, la sezione “Jeans e altre libertà” (pagg. 164 186) che illustra e descrive alcuni nuovi pezzi della collezione Armani; la sezione “Diversa, giorno e sera. Con il trucco” (pagg 193 197), che presenta il make up di “Giorgio Armani Cosmetics”; la sezione “Racconti privati di case, progetti, passioni” (pagg. 227 234), in cui spicca l’intervista a Giorgio Armani sulla sua casa ideale; la sezione “La cucina degli affetti” (pagg. 242 248), in cui vengono descritte quattro ricette, “suggerite” da Giorgio Armani e fotografate con piatti, posate e tovaglie rigorosamente Armani.

L’idea non è piaciuta al Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, che ha comminato due mesi di sospensione a Carla Vanni. Secondo l’Ordine, l’iniziativa è una forma di “commistione tra giornalismo e pubblicità” nonché di “abdicazione dell’autonomia del lavoro giornalistico”.

Il primo addebito riguarda la cosiddetta pubblicità redazionale. Secondo la Carta dei Doveri, il giornalista “deve sempre rendere riconoscibile l'informazione pubblicitaria e deve comunque porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio promozionale”. In effetti, un conto è descrivere un prodotto attraverso l’enfasi tipica del messaggio pubblicitario, ben altra cosa è indicare al lettore l’utilità di un bene legandola all’efficacia di un articolo giornalistico. L’inganno perpetrato ai danni del lettore attraverso una pubblicità mascherata da articolo informativo è particolarmente odioso, perché il giornalista approfitta della fiducia che il lettore ripone nella presunta obiettività di chi esercita una funzione informativa.

Ora, nei servizi che appaiono all’interno del n. 43 del 2005 di “Grazia”, prevale nettamente l’aspetto descrittivo, quindi informativo. Al di là dello stile giornalistico adoperato dall’articolista, i prodotti Armani sono fotografati e descritti senza alcuna enfasi. In sostanza, “Grazia” li descrive riportando un fatto.

Tuttavia, è proprio l’aver ideato quel numero come “speciale” e “firmato Giorgio Armani”, come evidenzia la stessa copertina, a trasformare quegli articoli dedicati ai prodotti dello stilista in messaggi promozionali. Tutt’altro che occulti, però. Qui il rischio di commistione tra giornalismo e pubblicità non sussiste. Il lettore medio già dalle prime pagine, dove è con enfasi introdotta la condirezione di Giorgio Armani e ancor prima dalla stessa copertina, nota che il numero nasce con l’impronta del noto ed apprezzabile stilista. Impossibile, dunque, che il lettore medio scorga nella descrizione dei prodotti Armani, collocati all’interno, uno scopo informativo. In altre parole, è la stessa iniziativa a palesare la natura promozionale di quanto all’interno descritto in relazione ai prodotti Armani.

Ma l’idea di far “firmare” il numero a Giorgio Armani, se rende infondata l’accusa di “pubblicità redazionale”, certamente avvalora quella di “abdicazione dell’autonomia del lavoro giornalistico”, come si esprime l’Ordine. Il dovere di autonomia è funzionale ad una informazione obiettiva. In occasione del n. 43 del 25 ottobre 2005, il settimanale “Grazia” si è palesemente e pubblicamente trasformato in un prodotto a firma Giorgio Armani. Se questo, da un lato, ha dato ai lettori la certezza della natura pubblicitaria degli articoli sui prodotti dello stilista (tanto da non poter giustificare la sanzione per “pubblicità redazionale”, ossia occulta), dall’altro ha generato seri dubbi circa la possibilità che “Grazia” possa, nell’esercizio di quella funzione informativa che le compete, essere immune da condizionamenti esterni, provenienti in modo particolare da aziende che per una settimana si “impossessano” della gestione della rivista.