Dal tribunale di Agrigento
un colpo basso
alla libertà di stampa

17 marzo 2008

(avv. Antonello Tomanelli)

Il presidente del Tribunale di Agrigento ha negato al Collegio provinciale degli Infermieri (“Ipasvi”) la registrazione di un periodico destinato agli iscritti e avente carattere di bollettino.

L’Ipasvi di Agrigento aveva ritualmente depositato presso la cancelleria del Tribunale tutta la documentazione richiesta dall’art. 5 L. 8 febbraio 1948 n. 47, compresa quella relativa alla nomina del direttore responsabile, individuato nella persona di Loredana Guida, regolarmente iscritta all’albo dei giornalisti della Sicilia e che gentilmente ci ha messo al corrente della vicenda.

E il presidente del Tribunale ha rigettato la richiesta di registrazione, con motivazioni che francamente lasciano perplessi. Prima fra tutte, quella secondo cui “non esiste alcuno spazio interpretativo che possa estendere la legittimazione a pubblicare ad una associazione non riconosciuta oppure a comitati sprovvisti della personalità giuridica”.

Una breve premessa, che esula dalla questione principale ma che non può tralasciarsi. I collegi Ipasvi (Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari, Vigilatrici d’Infanzia) sono stati istituiti con L. 29 ottobre 1954 n. 1049. Una legge breve e concisa, composta da soli tre articoli. L’art. 2 si limita a statuire che “Sono estese ai Collegi le norme contenute nel Decreto Legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946 n. 233”. Quest’ultimo ha istituito gli Ordini dei medici chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti e all’art. 27 afferma che “con separato provvedimento saranno emanate norme relative alla disciplina professionale dell’attività infermieristica”. E’ indiscussa la personalità giuridica degli ordini professionali, non soltanto in considerazione dei fini pubblicistici che perseguono, ma soprattutto perché vengono istituiti con legge dello Stato. Di conseguenza, i Collegi Ipasvi hanno personalità giuridica, contrariamente a quanto sostenuto dal presidente del Tribunale di Agrigento.

Ma la questione principale è un’altra. Per il presidente del Tribunale di Agrigento, un ente che volesse pubblicare periodici deve avere la personalità giuridica. Qui preme rilevare l’equivoco di fondo: l’aver presupposto che la facoltà di editare spetta soltanto all’ente dotato di personalità giuridica, ossia quell’ente che per legge o per atto amministrativo viene considerato non come un’organizzazione collettiva, ma come entità giuridica a sé stante. Ci si dimentica, così, dei numerosi periodici editati da associazioni non riconosciute o da società aventi la struttura della snc, notoriamente prive di personalità giuridica, ma regolarmente registrati.

L’equivoco nasce dall’aver travisato il significato dei termini indicati negli artt. 4 e 5 della legge 8 febbraio 1948 n. 47. In essi è indicata la documentazione che va depositata in cancelleria per la registrazione della testata, con la differenza che se si tratta di una persona giuridica, i requisiti vanno riferiti al legale rappresentante (art. 4) e tra la documentazione va inserita anche “copia dell’atto costitutivo o dello statuto” (art. 5).

Ma – ed è qui l’equivoco – la persona giuridica non è necessariamente l’ente dotato di personalità giuridica. La persona giuridica va intesa in alternativa alla persona fisica. E’ quella formazione sociale composta da più individui, e che l’art. 2 Cost. tutela al pari dell’individuo stesso, abbia o meno la personalità giuridica. I partiti politici, i sindacati, costituiscono l’espressione più genuina dell’associazione non riconosciuta, e come tali privi di personalità giuridica. Eppure nessun organo giudiziario rifiuterebbe la registrazione di una loro testata adducendo la mancanza della loro personalità giuridica.

Il provvedimento del presidente del Tribunale di Agrigento va ben al di là di quanto consentito dalla legge sulla stampa. L’art. 5, comma 2°, richiede il deposito in cancelleria di una dichiarazione con le firme autenticate del proprietario e del direttore responsabile, con indicazione del loro domicilio, il titolo e la natura della pubblicazione; nonché la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui agli artt. 3 e 4. Se il proprietario è una persona giuridica (ente, associazione, società, etc.) va allegata la copia dell’atto costitutivo o dello statuto. Null’altro.

Poi, l’art. 5, comma 3°, stabilisce che “Il presidente del Tribunale o un giudice da lui delegato, verificata la regolarità dei documenti presentati, ordina, entro quindici giorni, l’iscrizione del giornale o periodico in apposito registro tenuto dalla cancelleria”. E’ la disposizione chiave, che chiarisce la natura del controllo esercitabile dal presidente del Tribunale. E’ un controllo squisitamente formale, diretto cioè a verificare la mera regolarità della documentazione presentata e, nel contempo, la sussistenza dei requisiti richiesti dagli artt. 3 (iscrizione all’albo del direttore responsabile) e 4 (iscrizione del proprietario nelle liste elettorali). Una volta riscontrata tale regolarità, il presidente del Tribunale deve disporre la registrazione della testata.

Questo lo affermava la Corte Costituzionale già nel 1957, quando chiariva che nel procedimento di registrazione di una testata vi è soltanto un “accertamento della rispondenza tra una situazione di fatto e le norme legislative”, e che “non vi è margine di discrezionalità per l’organo competente ad emettere il provvedimento”, trattandosi “di un provvedimento di natura giuridica sostanzialmente diversa dall’autorizzazione amministrativa di carattere discrezionale, alla quale, ai sensi dell’art. 21, secondo comma, della Costituzione, non può essere subordinata la stampa” (sentenza n. 31/1957).

Con il principio enunciato nel provvedimento di diniego il presidente del Tribunale di Agrigento da un lato azzera la valenza costituzionale del concetto di formazione sociale, pienamente garantita dall’art. 2 Cost., negando ad essa la facoltà di editare. Dall’altro, scavalcando il controllo squisitamente formale imposto dalla legge sulla stampa, di fatto assume un atteggiamento analogo a quello che nel ventennio fascista veniva tenuto dai Prefetti. Questi godevano di ampia discrezionalità nel consentire la pubblicazione di un periodico, con riferimento sia al contenuto sia alla “idoneità” del direttore responsabile scelto. Fino a quando non è arrivato l’art. 21, comma 2°, Cost. ad affermare perentoriamente che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. E non c’è dubbio che l’attività creativa, di interpretazione e di controllo di merito assunta nel caso specifico dal presidente del Tribunale di Agrigento nei riguardi del Collegio Ipasvi finisce per assumere i connotati dell’autorizzazione.

Il provvedimento del presidente del Tribunale appare grave anche in considerazione della funzione generalmente svolta dai bollettini editi dagli ordini professionali. L’art. 3 del D.Lgs. n. 233/1946 (istitutivo degli ordini dei medici, dei veterinari e dei farmacisti, ma che – come sopra detto si applica anche ai Collegi Ipasvi) cita, tra i vari doveri dell’ordine professionale, quello di “promuovere e favorire tutte le iniziative intese a facilitare il progresso culturale degli iscritti”. E’ evidente che il bollettino sottoposto a registrazione presso il tribunale di Agrigento, essendo destinato ai soli iscritti, aveva proprio quel fine. Che è un fine tipico di ogni ordine professionale. E che, a ben vedere, è il medesimo fine che si propone l’art. 21 Cost. con riferimento alla generalità dei consociati, e il cui perseguimento rischia di venire pregiudicato dall’adozione di provvedimenti simili a quello in commento.

(Sul caso si consiglia l'editoriale a firma Valentina Avon e pubblicato sul sito articolo21)