L'orgia nazista di Mosley:
ecco un esempio
di gogna mediatica

3 aprile 2008

(avv. Antonello Tomanelli)

Chi in Italia accusa sempre i giornalisti di violare la privacy con metodi indegni di un Paese civile, ora dovrà ricredersi. Nella civilissima Gran Bretagna un potente personaggio pubblico, Max Mosley, 67 anni, sposato, padre di due figli, per due giorni ha occupato le prime pagine di Tg e quotidiani. Ma non perché indagato o arrestato per reati commessi nell’esercizio delle funzioni di presidente della Federazione Internazionale dell’Automobile (Fia), ma perché inchiodato da un video sadomaso che lo ritrae in un appartamento dell'esclusivo quartiere londinese di Chelsea mentre partecipa ad un’orgia insieme a cinque prostitute, pagate 2.500 sterline per travestirsi da ebree recluse in un campo di concentramento nazista, ma anche per frustarlo.

Autore dello scoop è “News of the World”, che si lascia andare a commenti piuttosto pesanti. Per il tabloid inglese Max Mosley “è un pervertito sessuale sadomasochista”, che “pubblicamente respinge il malefico passato del padre ma in segreto fa giochi nazisti in un’orgia da 2.500 sterline”. Il padre era Oswald Mosley, fondatore dell’Unione Britannica dei Fascisti e amico di Hitler.

Che in Inghilterra il concetto di “riservatezza” sia interpretato in maniera piuttosto elastica è fatto notorio. Tuttavia, è interessante vedere quali conseguenze potrebbero prodursi se un fatto del genere accadesse in Italia. E’ chiaro che ci si troverebbe di fronte ad una clamorosa violazione del diritto alla riservatezza.

Non c’è dubbio, infatti, che i vizi sessuali rientrano nel concetto di fatto privato. E anche se Max Mosley è indubbiamente un personaggio pubblico in quanto presidente della Fia, quel fatto privato deve rimanere tale. A dirlo è l’art. 6, comma 2°, codice di deontologia: “La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica”. E’ dunque l’irrilevanza di quel fatto per l’attività pubblica espletata da Mosley a rendere illecita la sua divulgazione. Il rapporto tra Mosley e la collettività è rappresentato unicamente dal suo essere presidente della Fia. E, francamente, non si riesce a capire come i suoi giochi sessuali, per quanto discutibili, possano incidere sul quel rapporto che lo lega alla collettività, in quanto figura pubblica. Insomma, quanto accaduto nel festino organizzato da Mosley è privo di interesse pubblico.

E non può ritenersi rilevante la circostanza che Mosley abbia pubblicamente preso le distanze dalla ideologia del padre. Tale iniziativa non contribuisce a formare la sua dimensione pubblica, che è completamente avulsa da ogni caratterizzazione politica. Inoltre, non si potrebbe seriamente sostenere che la pubblicizzazione (ad opera di altri) dei suoi giochi sessuali, dove interpreta la parte del nazista con professioniste del sesso, possa in qualche modo togliere valore e credibilità alle sue precedenti dichiarazioni. In altre parole, l’orgia nazista di Mosley, da un punto di vista obiettivo, può sollecitare giudizi morali, ma non mutare la qualità della sua dimensione pubblica. Qui torna alla memoria il caso Elkann, il rampollo di casa Agnelli, le cui frequentazioni con ambienti transessuali non potevano minimamente incidere sull’attività di responsabile del settore marketing della Fiat.

Diverso sarebbe se Max Mosley fosse, ad esempio, un politico strenuo difensore dei valori della famiglia, che basa sulla stretta osservanza di quei valori il suo rapporto con la collettività. In tal caso l’orgia denunciata da “News of the World” inciderebbe su quel rapporto, ricostruendolo in termini di verità.

Allo stesso modo, la pubblicazione non potrebbe essere ritenuta lecita nemmeno secondo i principi della cronaca scandalistica, che in linea di principio può riguardare qualsiasi personaggio pubblico. Scontata qui l’inesistenza di un consenso esplicito alla diffusione del fatto privato, la possibilità di rinvenire un consenso implicito è esclusa dalle circostanze di fatto: il domicilio privato, per definizione, è un concetto incompatibile con la volontà di rinunciare a mantenere riservato un comportamento.

In più, va detto che in Italia quanto rilevato da “News of the World” costituirebbe anche un esempio di illecita diffusione di dati sensibili, che secondo l’art. 4 D.Lgs. n. 196/2003 (codice della privacy) sono (anche) quei dati personali idonei a “rivelare la vita sessuale” di un individuo.

In realtà, il caso Mosley rappresenta il più eclatante esempio di gogna mediatica. Notoriamente la “gogna” è quel collare di ferro che veniva stretto intorno alla gola dei condannati alla berlina. Una pena che consisteva nell’essere pubblicamente derisi. La “gogna mediatica” fa dunque pensare ad una esposizione del soggetto assolutamente ingiustificata, che mira unicamente a screditarlo e, nel contempo, a soddisfare la curiosità morbosa dei telespettatori.

Ed è proprio ciò che è accaduto a Max Mosley. L’irrilevanza di quanto avvenuto nell’appartamento di Chelsea rispetto alla carica di presidente della Fia e la rappresentazione di una personalità intimamente ma chiaramente deviata, hanno consegnato Max Mosley al pubblico ludibrio. Qui la gogna mediatica deriva dall’affossamento del concetto di interesse pubblico alla notizia. Con ogni probabilità il caso è il più eclatante che si possa verificare. Ma la “gogna mediatica” può derivare anche dalla divulgazione di notizie che astrattamente soddisfano un interesse pubblico, ma che sono totalmente false.

Quindi, non si può parlare di “gogna mediatica” quando si pubblicano brani di intercettazioni telefoniche in cui un noto politico sostanzialmente confessa la commissione di reati o quantomeno una gestione interessata o privatistica della cosa pubblica. Qui i requisiti dell’interesse pubblico e della verità (anche solo putativa, essendo tratta da "fonti ufficiali") sono rispettati. In questi casi, ricorrere al concetto di “gogna mediatica” per stigmatizzare la pubblicazione di notizie importanti, equivale ad affossare il concetto di diritto all’informazione.