Fs e caso De Angelis:
quando l'azienda impone
l'obbligo di omertà

Bologna, 25 agosto 2008

(avv. Antonello Tomanelli)

14 luglio 2008, ore 6.40. L’Eurostar 9427 si spezza in due tronconi mentre dalle officine della Martesana viaggia verso Milano Centrale, da dove a minuti dovrebbe partire per Roma carico di passeggeri. L’incidente provoca allarme tra gli addetti alla sicurezza, che denunciano “l’inadeguatezza manutentiva dei materiali del gancio”.

Ma le Fs riconducono l’incidente ad un “errore umano”. Dante De Angelis, delegato sindacale, responsabile per la sicurezza, replica: “Non accettiamo che la responsabilità sia scaricata su un errore dell’ultimo operatore. Gli Etr 500 possiedono comandi completamente elettronici ed è inaccettabile che, anche in presenza di un errore di manovra, possa accadere quello che è successo”. E definisce l’incidente “un campanello d’allarme che pone con forza all’attenzione di tutti la questione della manutenzione, della progettazione e dei controlli”.

La reazione delle Fs non si fa attendere. Contestano a De Angelis di “aver reso dichiarazioni contrarie alla verità, infondate e pretestuose”, che hanno “leso gravemente l’immagine dell’azienda in palese violazione dei suoi doveri di dipendente”. E a Ferragosto gli comunicano il licenziamento “per giusta causa”, quello comunemente definito “licenziamento in tronco”, ossia senza il rituale preavviso, la sanzione più severa che un lavoratore possa subire, prevista dall’art. 2119 del codice civile “qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”.

Quello manifestato dalle Ferrovie dello Stato nei riguardi di Dante De Angelis è un comportamento estraneo ad un ordinamento democratico. In ogni ordinamento dotato di uno standard minimo di democrazia, ancor prima del diritto di critica è garantita la libertà di opinione, forma di manifestazione del pensiero che si estrinseca attraverso la comunicazione di un mero concetto.

Libertà di opinione e diritto di critica sono rappresentabili attraverso due cerchi concentrici, entrambi espressione dell’art. 21 Cost. Il cerchio maggiore delimita l’area della libertà di opinione. Al di là di esso vi è il nulla, ossia il non pensiero. Al di qua vi è ogni affermazione che esprime un concetto. Man mano che si procede verso il centro, la manifestazione di pensiero individua un soggetto relazionandolo al concetto espresso. Quando si arriva al secondo cerchio (minore) si entra nell’area della critica, dove la manifestazione di pensiero si sostanzia in un attacco, materializzando un conflitto. Da qui in poi, procedendo sempre verso il centro, aumenta gradualmente la lesività della manifestazione del pensiero e si restringe sempre più l’area della sua legittimità.

La differenza principale tra opinione e critica è l’inidoneità della prima a ledere beni come l’onore, la reputazione, etc. Se un lavoratore afferma pubblicamente che il proprio datore di lavoro persegue una politica aziendale errata esprime un’opinione. Se lo accusa di arricchirsi sfruttando il lavoro nero di immigrati clandestini esprime una critica, lesiva della sua reputazione, che come tale deve basarsi sulla verità per poter essere considerata legittima.

Ora, non è necessario scomodare il diritto di critica per ricondurre la manifestazione di pensiero di De Angelis all’art. 21 Cost. Il sindacalista, responsabile per la sicurezza, sulla base delle proprie conoscenze ha semplicemente escluso che un errore umano possa portare un Eurostar a spezzarsi. E, nel contempo, ha invitato tutti, in primis le Fs, a porre la giusta attenzione sulla questione sicurezza, con particolare riferimento alla manutenzione e ai controlli. Un’affermazione suggerita dal buon senso, quindi. Quasi ovvia. Dove sia la lesione dell’immagine dell’azienda, francamente non si capisce.

Non si capisce, proprio perché le affermazioni di De Angelis non costituiscono critica, ma mera opinione. De Angelis ha utilizzato quelle che possono considerarsi le potenzialità minime dell’art. 21 Cost. Non può che sconcertare, quindi, la reazione delle Fs, laddove ha comminato la massima sanzione per reagire ad un comportamento che verrebbe garantito persino dall’ordinamento di un paese a democrazia limitata. Una reazione che certamente verrà giudicata illegittima dal giudice del lavoro, il quale non esiterà ad ordinare la reintegrazione di De Angelis nelle sue mansioni e a riconoscergli il prescritto risarcimento, se le Fs non revocheranno quel licenziamento.

Licenziando De Angelis, le Fs sembrano voler collocare ogni lavoratore, specie se aderente al sindacato, al di là di quel cerchio maggiore, vietandogli qualsiasi esternazione che possa porsi in semplice contraddizione con quanto sostenuto dai vertici aziendali. Come se l’ordinamento prevedesse una sorta di obbligo di omertà, cui ogni lavoratore deve attenersi persino quando entra in ballo la sicurezza dei viaggiatori. Non a caso il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi ha parlato di “atto di fascismo aziendale”. L’allusione alla concezione vigente nel Ventennio, che vedeva un’assoluta coincidenza di interessi tra datore di lavoro e lavoratore nel perseguimento del “superiore interesse nazionale”, e il sindacato quale espressione corporativa dello Stato fascista, è quanto mai appropriata.