Macchinisti alla berlina

Il 5 maggio 1999 sul quotidiano “Il Resto del Carlino” viene pubblicato un breve articolo su un incidente ferroviario avvenuto nei pressi di Bologna. Causato da una errata manovra della motrice, ha prodotto soltanto lievi danni materiali. Tuttavia, nel descrivere il fatto la giornalista riporta le generalità complete dei due macchinisti ritenuti responsabili.

I due macchinisti citano la giornalista in giudizio dinanzi al Tribunale di Bologna, chiedendo il risarcimento dei danni per avere la stessa diffuso le loro generalità senza chiedere il consenso.

Il Tribunale di Bologna accoglie la domanda e condanna la giornalista al risarcimento dei danni, affermando che “La pubblicazione, nell’ambito di un articolo di stampa, delle generalità di alcuni individui autori di un fatto di cronaca senza il consenso di questi ultimi, allorquando tale rivelazione non rivesta alcuna utilità sociale, configura un fatto illecito lesivo del diritto alla riservatezza che obbliga l’autore dell’articolo a risarcire il danno arrecato a questi ultimi”.

(Trib. Bologna 6 febbraio 2003)
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Secondo il Tribunale di Bologna, la diffusione delle generalità dei due macchinisti ha violato il loro diritto alla riservatezza. Una violazione conseguente al mancato rispetto, da parte dell’articolista, del principio di “essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico” di cui all’art. 137, comma 3°, codice della privacy, con riferimento alla ipotesi di diffusione di dati personali.

In effetti, non si può certo dire che l’incidente in questione abbia creato un allarme sociale, non avendo provocato nemmeno dei feriti. Qui l’essenzialità dell’informazione è data dalla narrazione del fatto in sé, mentre risulta privo di un reale interesse pubblico l’identificazione dei due presunti responsabili.

Giusta, quindi, la decisione del Tribunale di Bologna che nella diffusione illecita dei dati personali relativi alle generalità dei due macchinisti presunti responsabili dell’incidente, ha rilevato una violazione del diritto alla riservatezza.

Date la modesta entità dei danni, si può dire che il fatto ha provocato un “allarme” esclusivamente nell’unità organizzativa in cui erano inseriti i due macchinisti responsabili dell’incidente. E, per evidenti ragioni, il fatto sarebbe stato conosciuto nell’ambiente anche in mancanza dell’articolo giornalistico, stimolando l’adozione di quelle misure, anche disciplinari, idonee ad impedire il ripetersi di simili accadimenti. Mancherebbe, in teoria, la rilevanza sociale della notizia stessa. Ma la pubblicazione di notizie prive di rilevanza sociale non implica alcuna violazione, diversamente dalla diffusione delle generalità in mancanza di una qualsiasi utilità sociale.

Diverso sarebbe stato se l’incidente avesse causato feriti gravi, o addirittura morti. Qui l’allarme causato dalla gravità del fatto avrebbe varcato i confini dell’unità organizzativa per interessare la collettività. La quale, in tal caso, avrebbe avuto un interesse alla identificazione dei colpevoli, anche finalizzato ad una sorta di controllo sulle misure adottate nei loro confronti.